Corruzione – L’utilità irrisoria può escludere il reato
Con la sentenza del 14 ottobre 2025 (ud. 15 maggio 2025), n. 33705, la Sesta sezione penale della Cassazione ha chiarito la configurabilità o meno del reato di corruzione anche quando l’utilità ottenuta risulti di entità irrisoria rispetto all’importanza dell’atto amministrativo compiuto.

Sebbene la proporzionalità tra le prestazioni non costituisca un elemento essenziale del reato, nella sentenza si afferma che sotto il profilo del rispetto del principio di offensività “l’irrisorietà dell’utilità conseguita rispetto all’importanza dell’atto amministrativo compiuto assume rilievo sul piano probatorio per dimostrare l’esistenza del nesso sinallagmatico con l’esercizio della funzione, il cui mercimonio configura il disvalore sanzionato dall’art. 318 C.P.“.
In buona sostanza si chiarisce come la verifica della corrispettività si imponga come elemento discriminante tra le condotte penalmente rilevanti e quelle che possono assumere mero rilievo disciplinare.
La Corte ha osservato infatti che con riguardo al profilo disciplinare, secondo quanto previsto dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, è indiscutibile che la consegna di regali legati alla gestione di una pratica amministrativa – di interesse per il privato – non possa mai essere considerata una regalia “d’uso” tale da giustificare, neppure se di modico valore, la sua accettazione da parte del dipendente pubblico.
Tuttavia si chiarisce che “se tali donativi, pur di modico valore, integrano certamente l’illecito disciplinare allorché siano avvenuti in coincidenza temporale con l’esercizio della funzione, per integrare, invece, il reato di cui all’art. 318 C.P. non basta la sola correlazione temporale, ma è richiesto che le condotte del pubblico dipendente e del privato si inseriscano in un rapporto sinallagmatico fra parti contrapposte, poiché la corrispettività “funzionale” di ciascuna di esse resta un elemento necessario per l’integrazione del reato di corruzione, tanto di quella propria che di quella impropria“.
Ne consegue che, ai fini dell’accertamento del nesso di corrispettività – quando si tratta di donativi di modico valore –, il requisito della proporzionalità assume un rilievo probatorio maggiore rispetto ai casi in cui la dazione o l’offerta di utilità da parte del privato, per la loro rilevanza economica valutata in termini assoluti e non in rapporto all’entità del favore ricevuto, sono già di per sé sufficienti a configurare il mercimonio della funzione pubblica.
In conclusione, la Cassazione ha stabilito il principio secondo cui “non assume rilevanza penale la condotta del privato che manifesti con donativi di modesto valore il proprio apprezzamento per l’attività svolta dal pubblico agente e, correlativamente, anche la condotta da parte del soggetto pubblico che ne accetti la corresponsione, al di fuori di una relazione di corrispettività con l’attività svolta, non assume rilevanza penale, fermo restando il carattere illecito di detto comportamento sotto il profilo disciplinare“.
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